IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 944/1981 proposto dall'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, in persona del Ministro dei trasporti, rappresentata e difesa dall'avvocatura dello Stato e domiciliata presso gli uffici della stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12, contro: 1) il comune di Merano, in persona del sindaco, autorizzato a stare in giudizio con deliberazione 26 novembre 1981, n. 242, rappresentato e difeso dagli avvocati Elmar Fasolt ed Ettore Prosperi e domiciliato presso il secondo in Roma, via Panisperna, 104; 2) la provincia di Bolzano, in persona del presidente della giunta provinciale, autorizzato a stare in giudizio con deliberazione 23 novembre 1981, n. 6692, della giunta stessa, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Guarino e domiciliata presso lo stesso in Roma, piazza Borghese, 3; per l'annullamento del provvedimento 8 settembre 1981, n. 13330, con il quale il sindaco di Merano ha rifiutato la concessione edilizia per la costruzione di opere civili a servizio della locale stazione ferroviaria; Visto il ricorso, notificato l'11 e il 12 novembre 1981 e depositato il 27 novembre 1991; Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Merano, effettuato il 26 marzo 1982 mediante deposito di procura alle liti; Visto l'atto di costituzione in giudizio della provincia di Bolzano, effettuato il 30 dicembre 1981 mediante deposito di procura alle liti; Viste le memorie prodotte, il 30 ottobre 1991 dal comune di Merano nonche' il 4 novembre 1991 e il 14 febbraio 1994 dalla provincia di Bolzano; Vista la propria decisione 13 dicembre 1991-21 gennaio 1992, n. 58, con la quale sono state chieste informazioni alla ricorrente e al comune di Merano; Vista la nota 21 aprile 1992, n. 12954, con la quale il sindaco di Merano ha fornito le informazioni richieste; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 25 febbraio 1994 la relazione del consigliere Carmine Volpe e uditi, altresi', l'avv. dello Stato Sernicola per la ricorrente, l'avv. E. Prosperi per il comune di Merano e l'avv. Panunzio, su delega dell'avv. G. Guarino, per la provincia di Bolzano; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O La societa' di fatto "Tornago Michele e Ferruccio", esercente il servizio di ristorazione nella stazione ferroviaria di Merano, con domanda presentata il 1 ottobre 1980, chiese al comune di Merano l'autorizzazione ad apportare, ai locali destinati all'esercizio della ristorazione all'interno della stazione ferroviaria, alcune modificazioni, consistenti nell'ampliamento mediante la realizzazione di una veranda e di una ringhiera sotto la pensilina, dal lato dei binari, secondo un progetto che aveva ottenuto l'approvazione della direzione compartimentale di Verona. Alla domanda era allegato l'atto di approvazione. Il sindaco di Merano, con provvedimento 8 settembre 1981, n. 13330/KN/FA/1369, indirizzato all'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, respinse la domanda, avvertendo che il progetto di ampliamento della sala del ristorante sarebbe stato preso in considerazione solo nell'ambito di una piu' generale ristrutturazione della stazione, che prevedesse una nuova sala d'attesa per il pubblico (in sostituzione di quella soppressa) e una sistemazione decente dei servizi igienici per il pubblico. L'azienda autonoma delle ferrovie dello Stato ha impugnato, chiedendone l'annullamento, il provvedimento anzidetto, nonche' l'art. 13 del regolamento di esecuzione delle leggi urbanistiche provinciali approvato con decreto del presidente della giunta provinciale di Bolzano 21 luglio 1981, n. 26, il quale cosi' dispone: "Le opere statali da eseguirsi su terreni demaniali sono autorizzate dal sindaco d'intesa con l'assessore all'urbanistica provinciale, il quale in sede di accertamento dell'effettiva corrispondenza delle opere alle prescrizioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi sente il ministero dei lavori pubblici". A sostegno dell'impugnazione adduce i seguenti motivi: 1) incompetenza, in quanto, per le opere compiute dalle amministrazioni statali sul proprio demanio, i poteri di controllo dell'attivita' edilizia non spettano al sindaco; 2) violazione degli artt. 29 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e 10 della legge 12 febbraio 1981, n. 17, ed eccesso di potere: per le opere ferroviarie non occorre concessione edilizia e il controllo della loro conformita' alle prescrizioni delle norme urbanistiche spetta all'azienda delle ferrovie dello Stato e non al sindaco. La ricorrente, nel formulare i motivi di impugnazione, eccepisce altresi' l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni di legge provinciale di Bolzano che attribuiscono al sindaco il potere di concessione edilizia per le opere pubbliche statali; in particolare, dell'art. 24, secondo conma, del testo unico delle leggi provinciali sull'ordinamento urbanistico, approvato con decreto del presidente della giunta provinciale di Bolzano 23 giugno 1970, n. 20, delle corrispondenti disposizioni delle precedenti leggi, che sono state raccolte nel testo unico, e delle successive leggi che hanno sostituito, nel testo dell'art. 24 del testo unico del 1970, la parola "licenza" con la parola "concessione". Si e' costituito in giudizio, in vista della discussione della causa fissata per il 15 novembre 1991, il comune di Merano, il quale ha svolto i seguenti argomenti difensivi: 1) infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, poiche' la disposizione di legge provinciale denunciata non esula dai limiti assegnati alla legge provinciale dall'art. 8 dello statuto emanato con decreto del presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670; 2) irrilevanza della questione di legittimita' costituzionale, poiche' i poteri di controllo di conformita' alla normativa urbanistica, previsti dalla legislazione generale indicata dalla ricorrente, si riferiscono alle opere su demanio statale, mentre l'opera in questione riguardava la stazione ferroviaria, che appartiene al patrimonio e non al demanio dello Stato; 3) la domanda di autorizzazione alla realizzazione delle opere edilizie era stata presentata dal privato concessionario del servizio di ristorazione all'interno della stazione ferroviaria, e pertanto non si trattava di costruzione da compiere dall'amministrazione statale. Anche la provincia di Bolzano si e' costituita in giudizio eccependo l'inammissibilita' dell'impugnazione, in quanto l'atto impugnato non sarebbe un diniego di concessione edilizia, ma semplicemente un atto interlocutorio. A sostegno di questa tesi la difesa dell'amministrazione provinciale ha sottolineato il fatto che il compartimento ferroviario di Verona, con nota 28 gennaio 1982, n. CT.12.69.17.Ps.82 dell'ufficio commerciale e del traffico, nel fornire assicurazioni sul mantenimento della sala d'aspetto e spiegazioni sulle condizioni dei servizi igienici, aveva dichiarato di rimanere "in attesa di cortese risposta in merito all'approvazione del progetto riguardante la ristrutturazione del Caffe' Ristoratore". La sezione, con la decisione istruttoria indicata in epigrafe, ha chiesto informazioni per conoscere se, dopo la proposizione del ricorso, vi fosse stata attivita' amministrativa volta a consentire la realizzazione, d'intesa tra l'azienda e il comune, dell'opera in questione. Il comune di Merano, con nota 21 aprile 1992 n. 12954/FR/oe, ha comunicato che la veranda e la ringhiera non sono state realizzate, e che "il provvedimento com.le (diniego di costruzione), impugnato dalle FF.SS. non ha avuto nessun seguito". Con ulteriore memoria, depositata il 14 febbraio 1994, la provincia di Bolzano ha insistito sulle proprie difese. La stessa, inoltre, ha rilevato che, per effetto della "privatizzazione" della ricorrente avvenuta a seguito della sua recente trasformazione in S.p.a., la normativa richiamata nel gravame non si applicherebbe piu' alle opere di cui trattasi. Di qui la sopravvenuta inammissibilita' delle censure svolte nel ricorso. D I R I T T O La sezione, sulle eccezioni preliminari proposte dalle amministrazioni resistenti, osserva in primo luogo che l'atto impugnato va qualificato come diniego di concessione edilizia, sia per il suo tenore testuale ("Il sindaco .. sentita la commissione consultiva edilizia .. comunica che il progetto viene respinto .. Tanto si comunica a tutti gli effetti di legge ed in particolare ai sensi dell'art. 24 del t.u. sulle leggi urbanistiche provinciali .."), sia perche' risulta, dalla nota del 21 aprile 1992 del comune di Merano, che l'autorita' emanante ha inteso negare la concessione di costruzione. In secondo luogo si osserva che l'opera progettata, consistente in una modificazione edilizia della stazione, e' un'opera ferroviaria, come tale di competenza dell'amministrazione ferroviaria, perche' la stazione costituisce ed e' sempre stata considerata dalla legislazione come "dipendenza" o "pertinenza" della ferrovia e come opera pubblica, e non hanno importanza ne' il fatto che nei locali interessati alla modificazione si svolgesse un servizio affidato dalle ferrovie in concessione a un privato, ne' che quest'ultimo abbia sottoscritto la domanda di concessione. Il concessionario del servizio di ristorazione, infatti, nella domanda ha specificato e documentato di avere il consenso dell'azienda delle ferrovie, e il comune ha considerato la domanda come proposta per conto dell'amministrazione ferroviaria titolare dell'immobile, tant'e' che il provvedimento di diniego e' stato indirizzato all'azienda delle ferrovie e non al concessionario del servizio di ristorazione. Non e' rilevante neppure la questione se la stazione ferroviaria sia un bene patrimoniale o demaniale. La questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla ricorrente, di cui si dira' piu' avanti, riguarda infatti l'art. 24 del testo unico delle leggi provinciali sull'ordinamento urbanistico, approvato con decreto del presidente della giunta provinciale di Bolzano, il quale cosi' dispone: "(1) Chiunque intenda eseguire nuove costruzioni edilizie ovvero ampliare quelle esistenti o modificare la struttura o l'aspetto, deve chiedere apposita concessione al comune. (2) .. Per le opere da eseguirsi sui terreni demaniali, ad eccezione delle opere destinate alla difesa nazionale, e' pure richiesta la licenza edilizia". La norma esonera dalla concessione edilizia solo le opere pubbliche militari su terreno demaniale, e per conseguenza include nell'obbligo di concessione tutte le altre opere pubbliche statali e/o di interesse nazionale, indipendentemente dal regime giuridico della proprieta' del suolo su cui esse debbono sorgere, e la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla ricorrente riguarda, non gia' il fatto che la norma preveda l'obbligo di concessione per interventi edilizi su immobile demaniale, bensi' il fatto che essa preveda l'obbligo di concessione edilizia per un'opera pubblica di interesse nazionale. L'art. 13 del regolamento di esecuzione della legge urbanistica provinciale, che per le opere statali demaniali (non militari) prevede pur sempre il potere autorizzatorio del sindaco e vi aggiunge l'intesa con un assessore provinciale, non sposta la questione. La presunta sopravvenuta inammissibilita' delle censure di ricorso, invocata da ultimo dalla difesa della provincia di Bolzano a causa della non applicabilita' alle opere di cui trattasi della normativa richiamata per effetto della recente "privatizzazione" della ricorrente avvenuta a seguito della sua trasformazione in S.p.a., non sussiste. La sezione, infatti, ritiene che la legittimita' dell'atto impugnato, anche relativamente alla natura giuridica delle opere da farsi rispetto alla qualificazione del soggetto esecutore, vada valutata con riferimento alla normativa in vigore al momento della sua emanazione. Inoltre, l'avvenuta "privatizzazione" del soggetto ricorrente non ha certo fatto venire meno il carattere di opere pubbliche di interesse nazionale degli interventi di cui trattasi. La questione e' rilevante, poiche' i motivi di ricorso attengono unicamente alla carenza del potere concessorio edilizio del sindaco in ordine alle opere pubbliche statali e/o di interesse nazionale, e presuppongono l'illegittimita' costituzionale della disposizione di legge provinciale che, viceversa, attribuisce al sindaco quel potere. Va poi osservato che la ricorrente ha omesso di indicare la disposizione costituzionale che assume violata, che peraltro le amministrazioni resistenti non hanno avuto difficolta' ad individuare nell'art. 8 dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige. In mancanza dell'indicazione della disposizione costituzionale che si assume violata - indicazione che costituisce requisito per la valida proposizione dell'eccezione di legittimita' costituzionale ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 - la sezione fa propria la questione, che non appare manifestamente infondata, e la solleva d'ufficio. Venendo infine alla questione, si osserva che la legislazione urbanistico-edilizia ha sempre escluso il potere autorizzatorio del comune in ordine alle opere pubbliche statali e/o di interesse nazionale, e piu' in generale, per le opere pubbliche. L'art. 29 della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 disponeva: "Compete al Ministro dei lavori pubblici accertare che le opere da eseguirsi da amministrazioni statali non siano in contrasto con le prescrizioni del piano regolatore e del regolamento edilizio vigenti nel territorio comunale in cui esse ricadono. A tale scopo le amministrazioni interessate sono tenute a comunicare preventivamente i progetti al ministero dei lavori pubblici", e la disposizione e' sempre stata intesa nel senso che viene meno, insieme con il potere di accertamento di conformita', il potere autorizzatorio del comune. La successiva legislazione ha invece previsto, per la verificazione di conformita' agli strumenti urbanistici, procedimenti di intesa tra l'autorita', competente per l'opera pubblica, e il comune, e indicato l'autorita' competente a decidere in caso di mancata intesa. La procedura e' stata prevista, in via generale per le opere statali e per le opere pubbliche di interesse statale, dall'art. 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, ed e' variamente ripetuta nella legislazione dei singoli settori nei quali si richiedono opere pubbliche. In particolare, per quanto riguarda le opere ferroviarie, l'art. 10 della legge 12 febbraio 1981, n. 17, contenente "Finanziamento per l'esecuzione di un programma integrativo di interventi di riclassamento, potenziamento ed ammodernamento delle linee, dei mezzi e degli impianti e per il proseguimento del programma di ammodernamento e potenziamento del parco del materiale rotabile della rete ferroviaria dello Stato", stabilisce: "Per le opere da eseguirsi a cura o per conto dell'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato, l'accertamento delle conformita' alle prescrizioni delle norme e dei piani urbanistici e dei programmi edilizi, nonche' la progettazione di massima delle opere, sono fatti dalla stessa Azienda d'intesa con le regioni interessate, che devono sentire preventivamente gli enti locali nel cui territorio sono previsti gli interventi". Analoga e piu' completa procedura, anche sostitutiva dell'intesa, e' prevista dall'art. 25 della legge 17 maggio 1985, n. 210, istitutiva dell'ente "Ferrovie dello Stato", per le opere ferroviarie comprese nel piano generale dei trasporti. La suddetta normativa e' espressione di due distinti principi. L'uno e' che anche le opere pubbliche, che comportino modificazione del territorio, debbono inserirsi armonicamente nello stesso secondo le previsioni urbanistiche. In relazione a questa finalita' le leggi prevedono il coordinamento tra il progetto di opera pubblica e la pianificazione territoriale, anche quando l'opera sia di competenza del comune (vedasi, come norma generale, l'art. 1 della legge 3 gennaio 1978, n. 1). L'altro e' che l'ordinario potere decisorio del comune in materia edilizia, che sottende il controllo di conformita' dei manufatti alla normativa urbanistica, e che si estrinseca nel rilascio di concessioni edilizie, viene meno quando si tratti di opere pubbliche di competenza di altra amministrazione o autorita', ed e' sostituito dal potere decisorio, o della medesima amninistrazione competente per l'opera, ovvero di un'autorita' terza. Questo secondo principio normativo, a sua volta, e' espressione di un piu' generale principio dell'ordinamento giuridico dello Stato, connaturale alla stessa organizzazione di una comunita' statale, secondo cui l'autorita' preposta a una funzione deve avere i poteri occorrenti per esercitarli, ovvero che i poteri occorrenti per esercitare una funzione debbono appartenere alla medesima autorita' che della funzione e' titolare. Sotto questo profilo, ogni volta che le pubbliche funzioni comportino la realizzazione di un manufatto edilizio, necessariamente ricadente nel territorio di un ente territoriale, debbono venir meno gli ordinari poteri di governo urbanistico-edilizio dell'ente territoriale. La legislazione, come risulta particolarmente dal confronto tra l'art. 29 della legge n. 1150 del 1942 e l'art. 81 del decreto legislativo n. 616 del 1977, e' passata, in proposito, da una procedura di pura e semplice sostituzione del potere del ministro al potere del comune, ad una procedura di partecipazione del comune, diretta a raggiungere possibilmente l'intesa. Ma non sembra che si possa giungere a rovesciare la procedura di autoritaria sostituzione, prevista dalla legge del 1942, attribuendo al comune il potere di condizionare, mediante la decisione sulla concessione edilizia per l'opera pubblica, le funzioni e le decisioni spettanti ad altra autorita'. Nel caso di specie, che il potere concessorio del comune in ordine alle opere pubbliche non di sua competenza venga, in definitiva, a significare una sostituzione del comune nelle funzioni di un'altra amministrazione, risulta in modo emblematico dallo stesso tenore del provvedimento impugnato, con il quale il comune di Merano, mediante il diniego di concessione, ha impartito alle Ferrovie prescrizioni sulla modalita' di prestazione del servizio ferroviario ("L'ampliamento della sala ristorante sara' solo esaminato nel contesto di una generale ristrutturazione interna della stazione FF.SS. di Merano che dovra' prevedere tra l'altro la nuova sala d'attesa .."). Il principio di cui si e' detto, vale a dire che non spetta al comune il potere concessorio edilizio in ordine alle opere pubbliche di competenza dell'autorita' statale e/o di interesse nazionale (vuoi che si tratti della realizzazione di un'opera pubblica, vuoi che si tratti di modesti interventi edilizi su di un'opera gia' esistente), sembra dunque da classificare tra i principi dell'ordinamento giuridico dello Stato, richiamati dall'art. 8 (attraverso il rinvio da parte di quest'ultimo all'art. 4) dello statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige, in armonia con i quali deve essere esercitata la potesta' delle province di Trento e Bolzano di emanare norme legislative in materia urbanistica. L'art. 24, secondo comma, del testo unico delle leggi provinciali sull'ordinamento urbanistico della provincia di Bolzano, che sottopone a regime di concessione edilizia le opere pubbliche, anche di competenza e/o di interesse nazionale, con la sola eccezione delle opere di difesa nazionale su terreni demaniali, non appare in armonia con il suddetto principio dell'ordinamento giuridico dello Stato. Del resto, l'eccezione contenuta nella disposizione, relativa alle opere militari, sembra rivelare un errore di prospettiva con il quale e' stata disciplinata la materia. Pare cioe' che il legislatore provinciale abbia esonerato o meno da concessione le opere pubbliche, a seconda di un proprio giudizio sull'importanza dell'interesse nazionale allo svolgimento delle diverse funzioni; viceversa, il giudizio di interesse nazionale (o, piu' in genere, sovracomunale) allo svolgimento di una funzione e alla realizzazione delle relative opere e' insito nel fatto che la legge riserva la funzione allo Stato o ad altro ente strumentale nazionale, sicche' non sembra legittimo ne' logico distinguere opera da opera a seconda della funzione, e sottoporre a concessione edilizia l'una ed esonerarne l'altra. La disposizione della quale va sollevata la questione di legittimita' costituzionale va identificata nella seconda proposizione del secondo comma del citato art. 24, cadendo la quale si applicherebbero le norme e i principi sopra indicati, in materia di opere pubbliche non comunali. La questione, cosi' identificata e specificata in relazione al testo legislativo, comprende in se', come questioni via via subordinate, le piu' specifiche ipotesi normative ricavabili dal testo denunciato, relative alle opere d'interesse nazionale, ovvero alle opere ferroviarie.